Reperti archeologici
La sezione archeologica comprende sia materiale preistorico che di Età preromana.
Il materiale preistorico consiste in reperti di Età neolitica, provenienti sia dal Pulo di Molfetta che da località preistoriche viciniori al sito molfettese.
Parte dei reperti proviene dalle donazioni dell'arciprete G. M. Giovene (1753-1837) e del sacerdote F. Samarelli (1874-1952); parte, invece, da collezioni private. Si tratta di asce in pietra levigata, lame e schegge in selce, macine in arenaria e frammenti di ceramica impressa e dipinta, insieme a pezzi di intonaco delle capanne del villaggio neolitico.
La sezione ospita anche reperti risalenti all'Età del Bronzo, anch'essi provenienti dal Pulo di Molfetta. Sono presenti frammenti ceramici d'impasto di tipo buccheroide con forme tipiche del repertorio vascolare subappenninico (vasi carenati con ornamenti plastici consistenti in cordoni applicati, recanti impressioni a ditate).
Il materiale vascolare di Età preromana, privo del contesto di rinvenimento, costituisce comunque un apprezzabile patrimonio di testimonianze esemplificative delle fasi storico-culturali, vissute dalla nostra regione prima della sua romanizzazione. Si tratta soprattutto di reperti di ceramica indigena iapigia (a partire dall'VIII sec. a.C.), di ceramica apula, prodotta da officine attive dagli ultimi decenni del V sec. a tutto il IV sec. a.C. nelle colonie greche più fiorenti dell'Italia meridionale, e di ceramica di Gnathia (IV-III sec. a.C.).
La ricerca archeologica
Le prime ricerche archeologiche sistematiche nel Pulo risalgono ai primi del 1900, ad opera di M. Mayer, A. Mosso e M. Gervasio che intrapresero ricognizioni e scavi in più punti. Con la ripresa delle ricerche sul fondo nel 1997 a cura della Soprintendenza Archeologica della Puglia, oltre a reperire una notevole quantità di documentazione nel deposito di terre grigie, purtroppo disturbato, del Neolitico e dell’Età dei metalli, si identificava parte di un impianto di vasche intonacate funzionali alla nitriera borbonica.
Importanti i risultati dei primi del 1900 per ciò che concerne la configurazione dell’insediamento neolitico con capanne, tombe a fossa e recinti in murature a secco, in parte ancora rintracciabili nell’area soprastante (scavi 1997).
(tratto da: Il Pulo di Molfetta. Guida alla visita, Bari, Mario Adda Editore)
L'insediamento preistorico. Il neolitico
Già nel corso del VI millennio nel Neolitico, sui fianchi del Pulo (fondi Spadavecchia e Azzollini), viveva una comunità organizzata in un villaggio, dedita all’agricoltura e all’allevamento. Non senza alcune lunghe interruzioni, l’insediamento neolitico si protrae fino al IV millennio; a queste ultime fasi risalgono alcune delle numerose sepolture a fossa rinvenute nell’ambito dello stesso abitato, nell’area esterna a sud del Pulo.
Il complesso di cavità naturali che si affaccia sulle pareti della dolina rappresentava d’altra parte un ambiente privilegiato destinato ai rituali e alle pratiche funerarie e cultuali della comunità, secondo un costume consueto nel Neolitico.
(tratto da: Il Pulo di Molfetta. Guida alla visita, Bari, Mario Adda Editore)
L'età dei metalli
Benché meno consistenti di quelle neolitiche le tracce archeologiche indicano, ancora nella successiva Età dei metalli (III-II millennio a.C.), la frequentazione delle grotte e probabilmente la presenza di un piccolo abitato sul pianoro meridionale esterno. L’area del Pulo rappresentava, ancora evidentemente nel corso del III e del II millennio a.C., un’area privilegiata per l’insediamento umano come sito intermediario e di cerniera, da un punto di vista territoriale, tra la costa poco distante e l’entroterra data la presenza di gruppi dai tratti culturali comuni al resto dell’Italia sud-orientale (facies appenninica).
(tratto da: Il Pulo di Molfetta. Guida alla visita, Bari, Mario Adda Editore)